L'argomento "ascolto" è quello più discusso e delicato in ambito digitale.
Moltissimi chitarristi rimangono ancora fedeli a un ascolto tradizionale con cabinet canonici mentre mandano al PA il segnale completamente processato. La cosa è chiaramente molto soggettiva e oggi più o meno imposta dal tipo di spettacolo.
In quasi tutti i palchi professionali di musica pop non ci sono più amplificatori nè spie. Si suona completamente con gli in ear (visto di recente il concerto di Baglioni dove i musici sono attorno al palco.
Chi ha l'ampli ha ancora una formazione di tipo tradizionale e non ha bisogno di gestire spettacoli visivi. Mi viene in mente uno Sting ad esempio.
I soundcheck professionali ormai sono spesso fatti con tracce preregistrate e gestite in reamping fatte suonare dentro i sistemi digitali.
Per alcuni generi è ancora consentito l'uso (anche scenico) delle 4x12 ma è sempre più raro.
Giusto due settimane fa ho fatto una clinic a SHG Music show di Milano su questo argomento
A differenza degli altri musicisti il chitarrista ha sempre basato il suo ascolto, soprattutto live, sul cabinet che ha aspetti fisico acustici ben diversi da quello che si sente fuori e che è frutto di un microfono che va su un mixer, su un sistema PA e quindi in un ambiente.
In questo dunque il chitarrista si affida completamente a un fonico e materiali di cui speso non ha la minima idea di cosa si tratti.
Questo comporta una serie di problematiche e di variabili che a volte compromettono il risultato finale:
Molti si preparano il suono in sala prove ma si trovano poi in un palco a dover gestire una situazione completamente diversa in termini di comportamento ambientale del suono e questo compromette l'ascolto e il piacere di suonare.
Non si preoccupano di come viene microfonato il proprio ampli lasciando al fonico tutta la gestione e di conseguenza la soggettività delle scelte sonore.
E' tutt'altro che raro vedere chitarristi con strumentazione meravigliosa che hanno invece un suono nel PA a dir poco scandaloso!
Ho amici che usano soluzione ibride, ovvero full digital anche verso il PA ma in palco si ascoltano con un finale e un cabinet 2x12 o 4x12.
E' una soluzione molto diffusa ma è necessario che ci sia una buona corrispondenza tra cabinet e suono processato dal sistema se si vuole che fuori ci sia un suono compatibile al proprio.
In questo c'è il limite oggettivo che non si possono usare rig (ampli più relativo IR) che prevedono ampli e cabinet troppo diversi.
Ad esempio, se in palco uso come monitor un cabinet 4x12 V30, usare un rig di un fender twin o un Vox AC30 o addirittura una acustica darà risultati molto diversi tra ascolto in palco e ciò che si sente fuori.
A mio parere chi usa una soluzione full digital (quindi entra direttamente in PA e usa monitor FRFR) impara a gestire tutte queste cose diventando fonico di sè stesso, impara ad avere dei riferimenti di ascolto sempre costanti e quindi suonare con piacere.
Io ormai non rinuncio agli in ear nemmeno su palchi grandi, ne uso solo uno per un canale, mentre mando l'altro canale stereo nella mia RS-LG12 per avere il piacere di avere la classica botta e soprattutto gestire gli inneschi di cui faccio largo uso
In questo modo sono isolato al 50% dall'ambiente e ho sempre lo stesso riferimento in qualsiasi situazione.
Questo però lo facevo anche con l'ampli vero